Un sistema “Egoico”

Quotidianamente capita di dover affrontare delle situazioni che ci pongono innanzi a delle scelte. Ogni volta che operiamo un’azione di discernimento, andiamo inevitabilmente ad escludere tutte le possibilità che abbiamo messo da parte a favore della unica soluzione privilegiata.

Questo accade necessariamente anche quando siamo chiamati all’acquisto di una abitazione, alla sua ristrutturazione, o semplicemente al cambio di una parte o della totalità dei suoi complementi d’arredo.

Oggigiorno la fitta rete normativa delle discipline tecnico-edilizie e l’applicazione burocratica risultante, va a costituire una maglia molto rigida per la libertà di espressione e l’esercizio della nobile arte, un tempo chiamata: Architettura. Non meno vincolante risulta essere il condizionamento – più o meno conscio – attuato dal bombardamento mass-mediatico delle tendenze di mercato, che ciclicamente detta i parametri correnti del gusto e dello stile cosiddetto contemporaneo. Vi è una conseguenza ovvia sia della perdita inesorabile di individualità, sia di allontanamento dalle caratteristiche proprie del territorio e dalle tradizioni culturali che avevano sapientemente individuato delle espressioni risolutive di problematiche ambientali, climatiche e sociali collettive. L’invasiva “cosmopoliticizzazione” che viviamo entrando – per esempio – in un aeroporto, in una catena di ristoranti od in un centro commerciale, sta lentamente varcando le soglie delle nostre abitazioni, rendendoci si unificati al sistema ma sempre meno individui unici e caratteristici.

Il discernimento che siamo chiamati ad affrontare è ora il dilemma tra Personalità o Eleganza riconosciuta, dimenticando che quest’ultima non è altro che una personalità prodotta da altri.

Gli stessi spazi di vita, che chiamiamo ambienti domestici, puntano elegantemente verso un’individualità egoistica a discapito di una convivialità famigliare o di relazione sociale. Le mode vertono a definire esigenze personali o status soggettivi come espressione del lusso e dello stile, ma parametrati da immagini di “case cartolina”, da copie di riviste 3D, che mostrano ma non permettono il piacere e l’azione delle funzioni reali per il quale TUTTO è stato concepito.

Tra gli svariati modi che abbiamo per sfondare le gabbie di questo sistema chiuso, almeno tre sono in grado di determinare diverse variabili personali e distintive:

la divisione degli spazi interni, sulla base di quali siano le funzioni che noi scegliamo di esercitarvi;

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i materiali di rivestimento, che possono variare anche all’interno delle suddivisioni principali andando a delineare più funzioni e sottospazi;

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le luci, fondamentali per esprimere le nostre sensazioni e le caratteristiche che intendiamo evidenziare.

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Ovviamente non esistono delle regole definite, perché diverrebbero a loro volta delle gabbie di eleganza oggettivamente imposta, ma l’etimologia della parola Casa quale luogo coperto e quindi riparo, ci può aiutare ad estendere questo ideale di protezione anche dalle convenzioni snaturate ed oggettive per un ritorno più naturale al luogo ed alla famiglia, intesa come prima cellula della società con tutte le possibili relazioni e scambi accrescitivi esercitabili al suo interno.

Si potrebbe realmente spostare lo sguardo da un’eleganza asettica verso una personalità distintiva, ma non fondata unicamente sull’Ego.

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DIALOGO NELLA COMUNITA’ un rinnovo della Modernità

    Quanto solitamente avviene all’interno di un piccolo territorio, dove l’architettura della Chiesa storica di paese lascia il passo ad una nuova realtà, maggiormente idonea per spazio e collocazione, può arrivare ad assumere i tratti di una vera innovazione culturale per l’intera Comunità dei fedeli. È questo il caso della città di Seveso, nella provincia di Monza e Brianza, dove ciò si è verificato per due frazioni dello stesso luogo.

Il Santuario di San Pietro Martire, edificato nel XIV secolo, ha visto il completamento del nuovo edificio di culto parrocchiale nel 1969, con i connotati caratteristici dell’irruente anticonformismo tipico del periodo storico, andando a segnare una profonda differenza sul piano artistico rispetto alla tradizione consolidata. Con lo stesso spirito, quasi 35 anni dopo, la Parrocchia della Beata Vergine Immacolata in Baruccana di Seveso con la Chiesa di San Clemente, sostituisce il nucleo formale del Santuario omonimo, di cui se ne trova traccia già nel 1615 presso gli archivi comunali

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Le due nuove Costruzioni Religiose, seppur diverse per caratteristiche architettoniche e tipologie edificatorie, condividono molto dell’idea innovativa e simbolica di alcuni elementi centrali caratterizzanti il Culto e l’armonia dell’Ecclesia, permettendo di riportare immediatamente l’attenzione al motivo primo per il quale si è scelto di essere presenti in quel Luogo Sacro.

L’elemento principale è senz’altro l’interpretazione metaforica della Luce, gestendo sia la componente naturale sia artificiale, in un dialogo rivolto ai Fedeli durante le varie Celebrazioni Liturgiche. La predominanza della luce zenitale, trova pieno compimento in San Clemente, dove la trasposizione della navata centrale nella copertura lignea, inonda l’intera sala sottostante in un’ ipotetica linea continua: dal sorgere della Vera Luce all’altare, sino all’ingresso opposto volto ai Fedeli. La stessa continuità è garantita lateralmente da due aperture ininterrotte poste a partire dal piano di calpestio; tali aperture conferiscono anche un senso di leggerezza all’intera struttura, che appare fluttuare, incurante del pesante elemento lapideo. L’illuminazione artificiale è frutto del medesimo principio; pertanto a coronamento delle importanti vetrate trasparenti, si distacca dalle pareti per sporgere sin sopra i partecipanti, infondendo una corretta diffusione a suffragio dello spirito. La Chiesa di San Pietro Martire, abbandona anch’essa il prestigio delle vetrate a mosaico, con sfarzo di colori e forme, per tagliare verticalmente con sei profonde fenditure le pareti perimetrali in mattone faccia-vista. La suggestiva pianta ottagonale, ha posto esattamente al centro un lucernario artificiale (purtroppo incompiuto) che conferirebbe il carattere dovuto all’intero spazio ad unica navata. Anche qui le luci artificiali sono affidate unicamente a delle sospensioni, esattamente 12, poste in maniera concentrica sulle balze in cemento della copertura originaria.

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Il secondo elemento peculiare risulta essere l’area nella quale insiste il Fonte Battesimale. Dobbiamo dimenticare la tipica vasca utilizzata per immersione od aspersione del capo; infatti qui acquisisce la più importante valenza simbolica dell’intero edificio, come emblema utilizzato per sottolineare con forza l’inizio del percorso Cristiano. Nella Parrocchia di Baruccana, il Battistero è l’unica concessione alla rigidità delle linee rette tipiche dell’intero edificio. Un volume ligneo cilindrico spiovente dall’alto sospeso sopra una perfetta mezza sfera marmorea: centro, in appoggio sulla pavimentazione di tre cerchi concentrici ed inscritto in quadrato centrale di nove piastrelloni anch’essi quadrati. Pertanto simbologia e numerologia biblica vengono a suffragio dell’elemento acqua Battesimale. Anche in San Pietro, materiali e valenze simboliche lo rendono unico: collocato non a ridosso delle pareti ma in una posizione distaccata ed equidistante tra l‘ingresso principale ed una delle entrate secondarie. La scultura di tre viandanti portatori di luce, è posta all’interno di un’importante vasca finemente sgrezzata, con recante l’iscrizione « Cristo è risorto. In queste acque muore il peccato e libero rinasce il popolo di Dio ad impegnative virtù. Cristo è risorto ».

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Tutto, in queste opere, è a supporto di un’unica idea progettuale che sfrutta le forme ed i materiali per imprimere carattere al Logos. Ne è la riprova – in modalità diametralmente opposta – l’esposizione della Via Crucis e dell’arte musicale affidata all’esecuzione dell’organo. Le stazioni lignee in San Pietro e gli scintillanti elementi essenziali in San Clemente, denotano la sacralità del Percorso, affidandone la forza alla naturalità del materiale senza alcun trattamento cromatico od incisione superflua. Ove l’organo entra materialmente nella Sala, in San Clemente, con uno spazio visivo audace e caratteristico, dall’altra si sceglie una collocazione semiaperta a lato dell’altare in uno spazio esclusivo assegnatogli ma probabilmente incompiuto ed oggi non operativo.

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Queste analogie affini garantiscono la condivisione dello stesso orizzonte architettonico sviluppato però non sotto lo stesso cielo, giacché “figli” diversi, per età ed estetica, di un’unica valenza simbolica e modernista.

Luogo: Seveso (MB)

Architetti: Camillo Fari (Parrocchia San Pietro Martire)

Vittorio Gregotti (Parrocchia Baruccana di Seveso)

Testo: arch. Oscar Mauri

Foto: Davide Moreschi – che particolarmente Ringrazio!

Pubblicazioni:   http://www.artesacracontemporanea.it/

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Per una riscoperta del Simbolo

Il concetto di Simbolo è legato storicamente “all’uso dell’antica Grecia, ove costituiva il mezzo di riconoscimento o di controllo che si otteneva spezzando irregolarmente in due parti un oggetto, in modo che il possessore di una delle due parti potesse farsi conoscere facendole combaciare.”

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Questi ha poi assunto vari significati e valenze, in relazione all’ambito specifico ed al contesto sociale determinato, per arrivare ad essere definito da C. G. Jung come “portatore di un contenuto che non riesce ad essere espresso altrimenti.” “Il vero simbolo è sempre il frutto della cooperazione fra coscienza e inconscio. Esso riesce tra queste polarità, ad essere un trasformatore di energia che fornisce nuovo slancio vitale alla persona.” Sembrerebbe pertanto poter essere identificato quale, uno strumento che concede all’individuo la possibilità di percepire il rimando a qualcosa di diverso ed immateriale: un concetto, un’idea, una virtù, una sensazione, un’emozione o quello che lo stesso Jung ha poi descritto come “Archetipo”, cioè – semplificando molto e forse impropriamente – come un contenuto universale e primordiale sempre presente nell’uomo, anche se a livello inconscio.

Proprio grazie al suo carattere universale, il simbolo è stato nella storia sociale e dell’architettura – soprattutto in particolari periodi quale il medioevo – un eccezionale veicolo per la trasmissione di messaggi ed ideologie, a disposizione di tutti ma a reale appannaggio di pochi; ossia solo di coloro in grado di coglierlo, tradurlo e tramandarlo.

Nella società contemporanea, il valore del simbolo sembra essere divenuto piuttosto sbiadito perché sormontato da una realtà più forte e redditizia: la Simbologia. Pensiamo semplicemente alla digitazione di caratteri su una tastiera alfanumerica, con l’apparizione corrispettiva delle cosiddette emoticon; oppure alle icone pubblicitarie che immediatamente rimandano a loghi di società e multinazionali; o non ultima, l’appropriazione di antiche figure e sigilli, storpiati a piacimento da gruppi politici o religiosi, andandoli a tramutare in comuni marchi. Cerchiamo di cogliere la differenza sostanziale tra Simbolo ed Immagine, ove il primo trascende la propria forma o manifestazione fisica e comunica anche senza parole andandosi ad avvalere appunto delle seconde, trasmettendo in esse un contenuto “collettivo”. Questa mercificazione di concetti ha prodotto un effetto importante che definirei come, Perdita del Sacro. Pensiamo per esempio alla realizzazione di una Chiesa contemporanea; al di la delle diverse opere più o meno piacevoli, i caratteri che storicamente andavano a delinearne la collocazione, l’orientamento, la forma e lo sviluppo, tendavano ad una rappresentazione significativa propria del Culto che immortalavano ed inseguivano. Ora la costrizione di parametri urbanistici e burocratici, con la tendenza alla sola materializzazione del gusto nella forma e nei materiali, ha finito per menomare la ricerca del trascendente da una componente veicolare, sì terrena, ma in grado di fungere da contenitore di un sapere Archetipo – come detto da Jung – tramutando il tutto solo in un edificio. L’unico prestigio di un’architettura religiosa contemporanea è legata, in maniera univoca, al prestigio dell’architetto idealizzatore. Se prendiamo a paragone l’architettura cristiana classica, ove la forma del battistero, l’innalzamento della cupola, i gradini a delimitazione dell’altare e del leggio, il coro, le navate e la miriade di opere d’arte incommensurabili poste al suo interno, erano parte di un unico disegno gestito grazie a dei Simboli.

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Ora, se a ciò che ci circonda e che smaniamo per possedere e realizzare, riuscissimo ad attribuire un valore simbolico, sviscerandone non solo il reale significato ma ben più importante ciò che per noi rappresenta e le emozioni che suscita, avremmo una chiave ulteriore per poter vivere in ambienti confortevoli e rigeneranti; non saremmo più infastiditi da una accozzaglia di colori ed oggetti ammassati a simboleggiare solo uno status, ma potremmo realmente progettare e gestire lo sviluppo dei nostri interessi e bisogni a pieno godimento degli spazi a disposizione. Quale portatore di un messaggio, il simbolo – seppur soggetto ad una singola ed interpretativa chiave di lettura – cela in sé l’opportunità di svelare una delle cose più importanti: quello che realmente stiamo inseguendo e perseguiamo costantemente. Sarebbe il crollo di anonime ed asettiche dimore e spazi di vita, ma soprattutto – ancora una volta – un ulteriore gradino verso l’Armonia.

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Fonti:

http://www.treccani.it/vocabolario/simbolo/

http://www.romapsicologo.it/simbolo_nella_concezione_di_carl_gustav_jung.html

Foto

http://www.educationduepuntozero.it/Temi/Didattica_e_apprendimento/apprendimento/2010/03/01/img/gaudio3_big.jpg

https://federicotocilj.files.wordpress.com/2011/08/san_pietro_03.jpg

Elogio del Bello

La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna.” (Oscar Wilde)

Il modernismo è stato autore di una marcata frattura tra il gusto e la percezione del creato, ponendo le basi ad una sensibilità orientata solo verso la fruizione del lusso e dello sfarzo.

Storicamente l’ideale di bellezza è stato individuato – come ad esempio per i greci – nello studio e ricerca delle proporzioni, dell’armonia e dell’ordine; attingendo dalla natura per giungere ad applicarne i risultati all’uomo e per l’uomo. La prima funzione del Bello non è l’estetica, ma permettere di cogliere quell’emozione generata dalla comprensione oggettiva dell’armonia.

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Il bello è ineffabile, indicibile, appunto perché è al di la della semplice descrivibilità umana.

Per poterne godere a pieno è necessario trasgredire l’ordine razionale, in quanto la bellezza appartiene allo scenario della follia che ci abita. L’ Artista – quale folle autore del bello – non è un mero fotografo dei fatti, ma colui che riesce a rappresentarli oltre i contorni definiti del suo strumento di indagine.

Seguendo questa logica, impopolare, di visione del bello, è necessario tornare a ricercare e contemplare un’opera d’arte – ascoltare una melodia – leggere un libro, una poesia – immergersi in uno spazio sereno – degustare del buon cibo od attorniarsi di persone con le quali poter piacevolmente dialogare; intraprendere cioè, una qualsiasi attività appagante che possa distinguere l’uomo da un indotto strumento mass-mediatico impersonale, a favore di una riappropriazione dei tratti distintivi del carattere verso una più alta concezione di Bellezza.

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Lo spazio abitativo deve mostrare questi aspetti; affermare la necessità di immergerci in una realtà appagante, che nulla a che vedere con l’ostentazione o l’investimento economico smodato per poter ricreare tutto ciò che serve in un edificio, ma permettere di vivere tramite suscitate emozioni e naturale armonia. Il godimento dei giusti ambienti all’uomo, per un rifugio personale dell’uomo.

La lente equa è tarata sulla Concordanza, le esigenze della Domus e la vera Bellezza.

– Riproduzione Riservata –

Immagini:

http://venividivici.us/sites/default/files/2-Prassitele-statua-greca-venividivici.jpg

http://www.artwireless.it/aw/images/news/2015/06-giugno/24%20duomo%20siena.jpg

http://www.incredibilia.it/wp-content/uploads/2014/11/moschee-straordinarie-003.jpg

Fonti / Ispirazione / link Consigliato:   Umberto Galimberti – La Bellezza –

https://www.youtube.com/watch?v=hOdN_rhwz3g

I Confini della Domus

La Casa, che pone di per sé nella radice etimologica di “luogo al coperto”, tutta la propria essenzialità d’essere, è andata sempre più smarrendo i tratti cardini delle proprie origini in funzione di una ricerca convulsiva del lusso fine a sé stesso, con le fattezze di una domotica ed una tecnologia privativa delle funzioni umane, a favore della sola modernistica ostentazione. I presupposti storici erano già contemporanei ai patrizi romani, ove le Domus riecheggiavano innanzi alle più umili e popolari Insulae, andando ad ampliare non solo la distinzione dei regnanti – o di particolari classi di mestieri e sacerdotali – dal popolo, ma la stessa frammentazione dello spettro sociale quale modello distintivo.

A causa di una serie di condizioni culturali proiettate verso una maggiore multietnicità, e come conseguenza di sviluppi economico/sociali a carattere globale, oggi si avverte una sensibile inversione relativa a questa tendenza storica.

Il desiderio di riappropriazione degli spazi Domestici in favore della rinuncia nel ricercare esternamente l’appagamento dalle fatiche quotidiane, elimina la circoscrizione di un hobby – o personale passione – ad ambiti prettamente pubblici, sfondando così i confini casalinghi verso una compenetrazione esterno/interno, che si era vista attuare in precedenza unicamente in merito al tema della Natura.

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Gli ambienti possono così divenire affini a rivestire i connotati dei desideri, andando a ricavare spazi – permanenti o mobili – con le caratteristiche delle nostre ricerche consumatesi anteriormente solo fuori le mura abitative. Non è necessario definire interi vani esclusivi ad una specifica funzione, ma trarre condizioni atte alla realizzazione dello scopo individuale. L’ambizione – o la necessità immateriale – di ottenere porzioni di ambienti, atti agli usi non prettamente legati al sostentamento familiare, pur non essendo tipico nella cultura occidentale è invece molto presente in altre tradizioni. Un esempio su tutti è l’inserimento dell’ambito religioso/spirituale in abitazioni di qualsiasi ceto sociale, dedicando uno spazio assimilato anche ad un unico tavolino o semplice mensola.

Quindi avremo, non più soltanto un luogo al coperto, un luogo asciutto dove coricarsi, un luogo ove cuocere il cibo, un luogo dove costituire una famiglia, un luogo eletto a stutus-simbol come rifugio dal consueto grigiore, ma bensì uno spazio realmente personale quale proiezione del nostro mondo interiore e del vero piacere; qualunque forma esso possa assumere per ognuno di noi.

“La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni.”  (Kahlil Gibran)

 

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Immagine tratta da Web: http://www.ravennaedintorni.it/articoli/33229/galleria/Mandala-Avalokiteshvara.jpg

Piccoli in Evoluzione

Da mamma chiocciachelavoraefatuttodicorsa, cerco di essere sempre attenta alle richieste dei miei piccoli; ciò nonostante: se fosse per loro, una settimana sì e l altra pure, dovremmo produrci in perenni lavori di “ristrutturazione cameretta”.

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Mi sono attivata in idee decoro muri, semplici ed ecologiche con i loro disegni più rappresentativi; aggiunte di elementi colorati ed altrettanti punti-luce; ottimizzazione degli arredi ed integrazione di piccoli elementi, dal design semplice ma accattivante, seppur derivanti da idee od iniziative familiari oppure reperiti in grandi ipermercati d’arredo.

Tuttavia non sembrano ancora del tutto soddisfatti, e la continua evoluzione vitale è anche accompagnata da ricorrenti richieste alla ricerca di stimoli e novità, soprattutto nei loro spazi personali di interazione; ora vorrebbero  creare un piccolo angolo relax nella loro cameretta. Evidentemente si ritengono stressati….mah!?….

Fortunatamente in casa le variazioni sono sempre viste di buon occhio, e costituiscono anche un piacevole spunto architettonico e di design, nonché motivo di confronto tra due persone con gusti e preferenze, non sempre perfettamente combacianti. L’impegno comune resta comunque indirizzato, con molta inventiva e piacevoli confronti/scontri, nella creazione di una soluzione moderna ecologica e funzionale, almeno per il loro relax…

Pertanto, mi auguro – a breve – di veder concretizzato, e poter condividere, il frutto della “sua” progettazione… a prova di bambino “vivace”!

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Anna Mauri

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Immagini tratte da Web: http://farm3.static.flickr.com/2493/4176452854_8a9dc2c9a3_o.jpg

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“Armonia”: l’esperienza dal Sacro

La quotidianità, con la quale siamo chiamati al confronto, ci rende partecipi a regole che avvertiamo non essere sempre affini ai nostri sentimenti o ai percorsi individuali intrapresi. Questo perché il principio espresso, è sovente legato unicamente al rapporto col Caos.

Accostati ad uno spazio che reputiamo affine, cogliamo – seppur inavvertitamente – il ribaltamento delle regole imposteci, giungendo così ad essere i sovrani indiscussi di un luogo senza confini, dominati da un traguardo che potremmo definire Armonia. Essa è realmente tale quando riesce a trasmetterci un benessere, indipendente dalle condizioni del luogo materiale che stiamo occupando o dal valore economico ed estetico dello stesso. Rientriamo cioè in noi, per riuscire a godere a pieno dell’esterno.

Storicamente, l’essere umano, nel passaggio dalla vita di ricerca nomade alla realizzazione di una stabilità stanziale, ha iniziato ad istituire dei luoghi con caratteristiche sociali, atti cioè ad un fine comune e non unicamente realizzati per soddisfare i propri bisogni materiali. Seppur per assurdo, potremmo dire che sono stati proprio questi spazi considerati Sacri – e cioè intesi come separati, in opposizione allo spazio comune invece detto profano, in quanto esterno ad un ambito circoscritto – a favorire l’evoluzione, non solo socio/culturale delle comunità, ma anche artistico/materiale ed il relativo sostentamento e sviluppo.

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Nel corso dei secoli, grazie ad un filo postumo ma continuo, le grandi commesse delle classi regnanti e varie scuole religiose/spirituali, hanno dettato i canoni dell’arte e dell’architettura sino al compimento di opere ritenute impossibili dalle sole mani umane. Il fascino ed i sentimenti a tutt’oggi evocati dalla maestria di queste imprese, rimangono pressoché immutati anche in una società ove la tecnologia diviene la dominatrice principale. Se provassimo a descrivere sia le sensazioni sia i luoghi dove questi assumono un carattere ben definito, probabilmente noteremmo che: ne la  maestosità, ne la magnificenza dei materiali, ne l’eco ornamentale, e nemmeno la vastità di un paesaggio sconfinato, è ciò che rende davvero unico quel contesto artistico; ma bensì l’appagamento spirituale che ne traiamo nel nostro senso più intimo.

Questa è la caratteristica propria dell’Armonia, che ci eleva a riunirci in uno stato di benessere e consapevolezza superiore, definito con terminologie diverse da svariate scuole, ma che sempre rispecchia la natura di un Macrocosmo calata a compimento del nostro organismo Microcosmico.

Questo è quanto a cui dobbiamo ambire, nella realizzazione di un nostro Spazio. La sacralizzazione – per sua natura autenticamente armonica – dei nostri luoghi finalizzati alla vita, in contrapposizione alle regole sociali che puntano unicamente ad una visione speculativa della materia e delle risorse atte a realizzarla. L’ergonomia umana ed i principi naturali, sono da sempre la materia prima per ogni ispirazione.

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Riproduzione Riservata –

 

Immagine 1: “Pantheon” pantheon-rome-pantheonrome-57125.jpg, tratta da www.pinterest.com

Immagine 2: “Rosone centrale” Cattedrale di Notre-Dame de Paris, tratta da http://arte-immagine.weebly.com/tf_gotico.html

“I tre fattori dell’Architettura”

Leggendo le definizioni tratte da scritti di Vitruvio ed alcuni articoli dal Web, mi stavo seriamente interrogando in merito al fatto, se fosse ancora possibile parlare realmente di vera Architettura – o di un elemento definito come tale dalla stessa – piuttosto che affermare una resa definitiva rispetto a forme di edilizia costruite attorno alla mera normativa ed un oculato business planning.

Da qui la necessità di percorrere a ritroso, un cammino che determini una visione olistica di qualsiasi opera rivolta all’umano godimento.

Cito:

Una delle definizioni più antiche risale a Marco Vitruvio Pollione: l’architettura è un insieme di tre fattori:

  1. firmitas  (stabilità)
  2. utilitas  (utilità)
  3. venustas (bellezza o piacere)

In altre parole vi si mischiano qualità:

  1. strutturali
  2. funzionali
  3. estetiche

Senza stabilità l’architettura è pericolosa ed effimera; senza utilità l’architettura fine a sé stessa è semplicemente una scultura in larga scala; senza bellezza (come sottolineano RuskinLe Corbusier e Pevsner) si parla solo di edilizia….

In ogni edificio questi tre aspetti sono di vitale importanza, anche se durante le epoche storiche non sempre ebbero il medesimo peso. …

Questi tre fattori possono essere messi in una ipotetica scala gerarchica: un edificio ha innanzitutto bisogno di stare in piedi, poi può ricoprire una funzione per la società, infine può essere costruito secondo criteri estetici; ma l’attenzione alla bellezza non può venire prima dell’attribuzione di una destinazione, né qualsiasi uso o decorazione possono essere messo in atto se manca la stabilità strutturale. …

L’edilizia in genere può essere definita come la costruzione di edifici per fini pratici (difendersi dagli agenti atmosferici): non è necessariamente contemplata la componente estetica, cioè non è detto che vengano dati all’edificio connotati di “bellezza”.

. In altre parole serve che ci sia un elemento di “gratuità” intesa nel senso greco del termine (di bellezza, grazia, e di gratuità come la intendiamo noi), cioè una ricerca del bello senza condizionamenti. Si esprime così la volontà di espressione dell’architetto determinata dal suo sentire estetico e artistico. …

Tra i tre elementi basilari dell’architettura quello visivo, in senso spaziale e monumentale, è quello che ci impressiona maggiormente. Le qualità strutturali (cioè come l’edificio faccia a stare in piedi) sono infatti spesso nascoste o pienamente comprensibili solo dagli esperti del settore; le qualità funzionali sono invece spesso date per scontate od ovvie e sebbene ci possano impressionare positivamente non riescono a colpirci profondamente come la monumentalità.” tratto da Wikipedia

– Riproduzione Riservata –